Attentǝ alle tematiche di genere noi di Perfect Places abbiamo deciso di scrivere i nostri articoli con l’ausilio della lettera ǝ (Schwa), nella costruzione di un italiano più inclusivo, come vocale per la declinazione neutra considerando adatte all’uso molte sue caratteristiche, sia dal punto di vista grafico che fonetico.

Perchè l’italiano inclusivo?
L’italiano è una lingua flessiva, ovvero declina per genere i pronomi, gli articoli, i sostantivi e gli aggettivi, i participi passati. Questo rende molto più difficile che per le lingue isolanti, come l’inglese, parlare in modo neutro rispetto al genere dell’oggetto del discorso. Questo è causa di discriminazione nei confronti di molte persone e sostiene il privilegio maschile.
Ogni volta che si parla di sè, o di un qualsiasi aspetto della propria identità, in un linguaggio connotato per genere come l’italiano standard ci si trova a dover dichiarare obbligatoriamente il proprio genere. Questo a nostro parere è fonte di oppressione.
Ma ancora più evidente è il privilegio maschile quando ci si rivolge a un gruppo di persone di generi misti qualora anche unǝ solǝ componente del gruppo sia di genere maschile. In questo caso l’italiano standard prevede l’uso del cosiddetto “maschile inclusivo” che, ovviamente, è tutto fuorché inclusivo.
Terza motivazione è che contrariamente alla percezione comunemente diffusa, i generi, sia dal punto di vista biologico che identitario, sono ben più dei due.
Tutte le persone che non rientrano nel binomio maschio-femmina si trovano a non avere strumenti per poter parlare di se stesse nell’attuale italiano standard senza adattarsi a usare uno dei due generi binari, e questa è una pratica di invisibilizzazione delle identità.
Perchè proprio ə e з ?
La prima considerazione è che, nella lingua italiana, utilizziamo solamente sette vocali: la a, la e aperta e la e chiusa, la i, la o aperta e la o chiusa, e la u.
L’IPA (International Phonetic Association) rappresenta le vocali di ogni lingua in un diagramma trapezoidale, dove sull’asse orizzontale è rappresentata la posizione nell’apparato vocale dove la vocale è pronunciata (anteriore/centrale/posteriore) e sull’asse verticale è rappresentata l’apertura delle vocali.
Mettiamo a confronto lo schema delle vocali pronunciabili in italiano (a sinistra) e quello di tutte le vocali pronunciabili dal nostro apparato (a destra).
C’era, quindi, molta scelta per una vocale che rappresentasse la declinazione inclusiva. E’ stata scelta ǝ principalmente per due motivi: è la vocale più distante da tutte quelle già utilizzate nella nostra lingua e, pertanto, la più distinguibile nella pronuncia; è già presente nativamente nella pronuncia di molti dialetti e lingue regionali in Italia, come il napoletano e il piemontese e, pertanto, è facile da usare.
Anche per chi parla inglese o tedesco è estremamente facile capire quale sia il suono della ǝ: è infatti una delle vocali più frequentemente usate. Ad esempio, è la prima vocale di again, l’ultima vocale di letter, e così via. Per chi parla francese, invece, è il suono della vocale dell’articolo le, la prima vocale della parola petit, la seconda della parola samedi.

E al plurale?
C’era poi bisogno di scegliere un’altra delle vocali non già presenti in italiano per la declinazione inclusiva plurale. La scelta è caduta sulla cosiddetta “schwa lunga”, rappresentata col simbolo з, sempre in quanto distante da tutte le altre vocali già presenti nel parlato italiano standard. È pronunciata come la ǝ, ma più aperta.
Una possibile criticità può essere dovuta alla vicinanza fonetica di ǝ ed з, ma nella maggior parte dei casi il numero plurale si può desumere dal contesto; inoltre l’abitudine renderà via via più facile distinguere le due vocali fra loro.
Ma suona male!
La percezione di “stranezza” deriva dall’inabitudine. Ogni parola nuova, ogni modifica rispetto a quanto si usi sentire, porta una sensazione di “stranimento” e “innaturalità”.
Ma le lingue evolvono. Le prime volte che si è sentita la parola “sindaca” probabilmente ci si è accapponata la pelle. La seconda, un po’ meno. Stessa cosa per le altre lingue: ancora oggi, in inglese, c’è chi si oppone strenuamente al singular they. Ma più passa il tempo, più si sta facendo parte integrante dell’uso comune.
Avendo frequentato per anni ambienti più sensibili al tema dell’inclusività di genere, ho sentito differenti forme di declinazione in senso inclusivo.
Le più comuni sono quelle in cui viene sostituita alla declinazione di genere il simbolo @ o *. Non mi hanno mai convinto in quanto la necessità di un linguaggio inclusivo viene accolta solo nella parte scritta, dato che entrambi i simboli non hanno un equivalente pronunciabile.
Un’ulteriore alternativa è l’uso della u, unica vocale italiana a non essere utilizzata per declinare né al maschile, né al femminile. Anche questa proposta non mi ha convinto per la sua indeclinabilità al plurale.
Cosa cambierà in Perfect Places?
D’ora in poi gli articoli e la comunicazione social legata a questo blog avverrà con l’ausilio dell’italiano inclusivo. Gli articoli precedentemente condivisi online, verranno riadattati. Ci scusiamo già in anticipo se vezzi all’abitudine compieremo degli errori.
Sottolineamo anche che secondo il principio dell’autodeterminazione quando parleremo di noi non utilizzaremo in maniere costante e completo l’italiano inclusivo. Anche perchè il “noi” non restringe un gruppo definito e fisso di persone.
Se siete interessatз a maggiori informazioni e vorreste utilizzare anche a voi l’italiano inclusivo vi riporto al sito di italianoinclusivo dove potrete trovare il necessario per chiarificare ogni vostro dubbio.
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